I RISCHI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

I RISCHI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

“Voglio cercare clienti all’estero, perché in Italia non paga più nessuno”.
Partendo da questa frase, spesso ricorrente nei miei contatti con imprenditori che iniziano a guardare oltre frontiera, introduco uno dei principali rischi del commercio internazionale, se non “il” rischio per eccellenza: il mancato pagamento.
La possibilità di non essere pagati per la merce consegnata è più elevata di quanto si possa pensare.
E nella malaugurata ipotesi che si verifichi una situazione del genere non è proprio agevole cercare di recuperare quanto dovuto dal cliente straniero.
Per questo motivo è importante, qualora si decida di vendere all’estero, avere delle tutele come quelle offerte dalle assicurazioni del credito e avere una conoscenza approfondita dei sistemi di pagamento internazionali.
Ad esempio un pagamento garantito da un credito documentario come la Lettera di Credito fà dormire sonni tranquilli al venditore.
I problemi però possono arrivare ben prima del pagamento, ad esempio nel caso in cui si verifichi il cosiddetto rischio di produzione.
Succede quando si produce per un cliente straniero – con il quale magari si inizia a lavorare proprio in concomitanza di questo primo ordine – senza avere garanzie che questa merce verrà ritirata.
Per questo motivo è buona prassi, iniziando a lavorare con qualcuno che non si conosce e per il quale non sono disponibili eventuali garanzie, chiedere un anticipo prima dell’avvio della produzione.
Di media un importo fra il 20 ed il 30% del valore complessivo dell’ordine, in modo da rientrare quanto meno dei costi di produzione.
Anche se poi il rischio ulteriore è quello del mancato ritiro della merce: il cliente straniero ha versato l’anticipo pattuito, abbiamo prodotto, ma quando chiediamo il saldo prima della consegna il cliente non paga il residuo.
E la merce prodotta non può essere rivenduta ad altri. Come si fa?
Anche in questo caso si può anestetizzare questo problema facendo ricorso ad una garanzia per il pagamento residuo.
Speculare a questa situazione è quella relativa alla mancata consegna della merce ordinata, che avviene quando si acquista da un fornitore straniero con il quale non c’è un rapporto consolidato.
Però è bene tutelarsi in ogni caso, anche se la relazione d’affari va avanti da anni.
Purtroppo mi è capitato in diverse situazioni di vedere effettuati pagamenti da aziende italiane per l’acquisto di prodotti all’estero e….non ricevere niente! Ragione per la quale occorre cautelarsi e legare il pagamento alla garanzia di spedizione della merce.
Accettare il rischio senza un’apposita tutela significa essere fortunati se le cose vanno bene, ma essere sprovveduti in caso contrario.
Come si può capire da queste prime situazioni, il commercio internazionale va maneggiato con cura.
È vero che per molte aziende ha rappresentato e rappresenta una fonte cospicua di ricavi e ricchezza, ma è altrettanto vero che senza un’adeguata preparazione il viaggio dell’internazionalizzazione dell’impresa può essere estremamente problematico.
Oltre a quanto già menzionato, si può incorrere anche nel rischio di trasporto.
A chi fanno capo le responsabilità e gli oneri di una consegna internazionale? Al venditore o al compratore? Chi deve sdoganare la merce? Per ovviare a tutte queste problematiche sono stati definiti nel corso degli anni dei codici – gli Incoterms – che disciplinano la materia.
Avere dimestichezza con questa codifica internazionale significa sapere dove termina la mia responsabilità di venditore e dove inizia quella del compratore. Secondo alcuni il modo migliore per tutelarsi è vendere Ex-Works – equivalente al Franco Fabbrica – e lasciare al cliente l’organizzazione ed i rischi del trasporto.
Dal mio punto di vista la conoscenza degli Incoterms permette sia di offrire un servizio al cliente, sia di sapere fino a dove intendiamo spingerci nell’assumere rischi e responsabilità.
E garantisce una maggiore professionalità al cliente straniero.
Come affrontare, invece, il rischio di errore nella formulazione di un ordine da parte di un cliente straniero?
Anche in questo caso prevenire è meglio che curare. Si può adottare una semplice procedura che consiste nel chiedere al cliente di
controfirmare ed accettare la nostra proposta d’ordine.
È vero che la stessa nasce dalla comunicazione inviata dal cliente, ma rappresenta un ulteriore momento di verifica e controllo prima di avviare la produzione o la spedizione della merce.
Se il cliente è costretto a “controfirmare per accettazione” il nostro documento, sarà più facile tutelare i nostri interessi.
Ovviamente per evitare di incorrere in errori nella ricezione di ordini è buon senso….non accettare ordini ricevuti telefonicamente, se non sono seguiti da una comunicazione scritta.
Nonostante le cautele che prendiamo, può sempre succedere che si incorra nel rischio di contestazione della merce.
La stessa può dipendere da errori di formulazione dell’ordine e da problemi di trasporto, per i quali valgono le considerazioni sopra espresse.
Ma possono intervenire anche altre situazioni, come un errore in fase di spedizione, un danneggiamento imprevisto.
Il cliente straniero può contestare la merce arrivata, però è bene anche in questo caso adottare una procedura di verifica e controllo: l’ispezione della merce e l’eventuale reclamo devono essere fatti entro 8 giorni dal ricevimento, al fine di evitare contestazioni per spedizioni avvenute mesi prima.
Oppure inserire nell’imballo della merce spedita un’etichetta comprovante che il prodotto era integro e funzionante prima di essere chiuso per la consegna. Piccoli accorgimenti e “trucchi del mestiere” che servono per evitare che il cliente possa approfittarsi della nostra buona fede e chiedere il reintegro di qualcosa senza averne un giustificato motivo. Gli ultimi due rischi che affrontiamo sono il rischio Paese e quello del cambio. Il primo è da tenere in considerazione quando si devono fare operazioni di internazionalizzazione sia semplici – come una compra/vendita – che complesse, come l’apertura di una filiale. Se il Paese è attraversato da una importante crisi economica e finanziaria, oppure è guidato da forze politiche incapaci di garantire la stabilità, o – ancora peggio – è retto da una dittatura, questi elementi possono determinare una “chiusura” del Paese all’esterno e in modo improvviso generare operazioni di nazionalizzazione ed espulsioni degli investitori stranieri. In modo più “semplice” può portare anche al collasso del sistema bancario, con il mancato trasferimento di somme di denaro all’estero. Recentemente i rischi legati ad un Paese contemplano anche le azioni di terrorismo e le possibili rivolte.
Come si affronta il rischio Paese? Valutando bene questi aspetti prima di dar vita ad una qualsiasi operazione internazionale ed eventualmente scegliere un altro Paese per i propri investimenti o per il proprio business.
Da ultimo, ma non certo meno importante, possiamo considerare anche il rischio di cambio fra i tanti “pericoli” che influenzano negativamente le operazioni internazionali di un’azienda.
Il rischio di cambio interviene quando un cliente straniero chiede di pagare nella sua moneta, ovviamente diversa da quella del venditore. Se si accetta ci si accolla la possibilità che, una volta arrivato il pagamento in valuta straniera, al momento del cambio venga riconosciuto un importo inferiore a quello pattuito, perché fra il momento in cui è stato stipulato l’accordo e quello in cui è avvenuto il pagamento è intercorso un lasso di tempo durante il quale il “fixing” fra le due valute è cambiato in modo deciso.
È però vero che se il rapporto cambia a favore della valuta del venditore, al momento del cambio si incasserà una somma leggermente superiore.
Come gestire questa situazione?
A meno che non si abbiano conti in valuta straniera e non ci sia interesse a ricevere pagamenti in dollari, yen, sterline e così via il suggerimento è quello di lasciare il rischio del cambio al compratore chiedendo il pagamento in Euro. Quanto esposto fà affermare senza tema di smentita che l’internazionalizzazione può
essere pericolosa, se non opportunamente gestita. Le insidie del commercio internazionale sono numerose ed è bene cercare di
conoscerle prima per saperle affrontare, piuttosto che impararle a seguito di errori dovuti a inesperienza o – peggio ancora – superficialità.
Anche in questo caso, prevenire è meglio che curare!
Nel prossimo appuntamento parleremo delle “Attività internazionali delle imprese”.
© 2013 – Alessandro Barulli
www.alessandrobarulli.com

SHARE